Ero cosí concentrata nel gioco dei saluti che non mi sono resa conto che questo era il mio ultimo viaggio di lavoro, del dottorato e probabilmente del 2016.
Gli Stati Uniti mi hanno fatto uno strano effetto, stavolta come la precedente. Settimana scorsa, peró, ho avuto anche modo di rendermi conto di una cosa: che questo strano paese che ho visto con sospetto per molto tempo, con tutte le sue contraddizioni, complessitá, esagerazioni, ed egocentrismi, mi piace. Che mi piace proprio per quanto é complesso, e in parte per quanto é esagerato. Mi piace come girano le cose nel mio ambiente, lí. Mi piace quanto é grande e diversificato, mi affascinano i fenomeni sociali, i telegiornali ridicoli, le porzioni esagerate al ristorante (a ottobre ho perso quattro chili in America, stavolta ne ho presi due).
Persino New York, che non mi ha lasciato un’impressione particolarmente positiva, persino Brooklyn con i suoi esasperanti alternativi a tutti i costi che diventano caricature, mi hanno fatto sorridere.
Princeton, inutile dirlo, resta sempre un piccolo paradiso.
Quando, un paio di anni fa, sentivo altri dire che erano stufi di Londra, non ci potevo credere. Ancora adesso, a dirla tutta. Ma credo, a questo punto, di essere pronta alla prossima avventura. Anche se ogni volta scalcio e protesto che é un’ingiustizia essere a un continente di distanza da persone a cui voglio bene, mi piace anche coccolarmi con l’idea di avere un abbraccio e un divano su cui dormire in mezzo mondo.
A volte non resisto al pensiero che viviamo una vita infame. Senza sicurezze lavorative, ci spostiamo ogni sei mesi, uno, due anni al massimo (di solito a nostre spese), subiamo le conseguenze sul piano affettivo o della carriera, specialmente le donne. Se ci affezioniamo a luoghi e persone, dobbiamo farlo con la consapevolezza che potrebbe non durare. E’ una continua corsa alla prossima pubblicazione, conferenza, application.
Ma siamo anche sul vertice estremo della ricerca. Sappiamo cose che nessuno sa, perché le abbiamo scoperte noi. E questo mi dá alla testa. Le reti di conoscenze sorprendenti, i viaggi, le menti affascinante che conosco in questo percorso mi ricaricano le batterie, anche quando sono abbattuta dalla stanchezza, dal jetlag, dallo stress, dai dubbi su cosa faró l’anno prossimo.
Intanto metto un piede davanti all’altro, un paragrafo sotto l’altro, e cerco di vivere come se settembre non ci fosse.
Proprio l’altro giorno ho pensato che era da tanto che non ti leggevo… Ora sono affascinata dalle tue parole…
Stupenda :*